IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta  al  n.
336/12 R.G.L.; 
    Letti gli atti per sciogliere la riserva; 
 
                               Osserva 
 
    1. Con ricorso ex art. 28 1.  300/1970,  la  FIOM  -  Federazione
Impiegati Operai Metalmeccanici - Federazione Provinciale di Vercelli
e Valsesia, ha chiesto di accertare e  dichiarare  l'antisindacalita'
della  condotta  della  societa'  FIAT  Group   Automobiles   s.p.a.,
consistente nell'aver negato  l'efficacia  e  la  legittimita'  delle
nomine dei dirigenti della rappresentanza  sindacale  aziendale  FIOM
presso l'unita' produttiva di Balocco,  via  Cascina  Bella  Luigina;
nell'aver negato l'esercizio dei diritti di cui agli artt.  19  e  30
st.  lav.   e   conseguentemente   nell'aver   limitato   l'esercizio
dell'attivita' sindacale dell'associazione ricorrente  attraverso  le
sue diramazioni periferiche e l'uso dei diritti di cui al Titolo  III
dello Statuto dei lavoratori; nell'avere,  con  la  condotta  di  cui
sopra,  gravemente  leso  l'immagine  dell'organizzazione   sindacale
ricorrente quale soggetto contrattuale rappresentativo,  in  generale
nei  confronti  dei  dipendenti  delle  societa'  convenute   ed   in
particolare nei confronti dei lavoratori iscritti alla FIOM,  privati
dalla possibilita' di una loro rappresentanza sindacale nel luogo  di
lavoro. Conseguentemente ha chiesto di ordinare la  cessazione  della
condotta e, ai fini della rimozione dei  suoi  effetti,  di  intimare
alla societa' convenuta di consentire la nomina della r.s.a.  FIOM  e
di riconoscerla, attribuendo ad  essa  tutti  i  diritti  conseguenti
derivanti dalla legge  (Titolo  III  della  legge  n.  300/1970,  con
particolare riferimento ai diritti di cui all'art. 30 st. lav.) e dal
contratto, e di dare conferma di  cio'  con  esplicita  dichiarazione
scritta da inviare all'organizzazione ricorrente ed a  tutti  i  suoi
dipendenti; di ordinare  alla  societa'  convenuta  di  affiggere  il
decreto in azienda in luogo accessibile a tutti  per  trenta  giorni,
nonche' di pubblicarne copia integrale a proprie spese sui quotidiani
La Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, il  Manifesto,
Il Resto del Carlino e  l'Unita',  in  caratteri  doppi  rispetto  al
normale e in dimensioni non inferiori a  40  moduli,  entro  quindici
giorni dalla pubblicazione del provvedimento. 
    A sostegno della domanda ha esposto, in sintesi, che la FIOM, pur
avendo  partecipato  alle  trattative  per  la  stipula  di  tutti  i
contratti del Gruppo FIAT, ed in particolare alle trattative relative
al contratto per lo stabilimento di Pomigliano, poi esteso a tutte le
aziende del Gruppo, non ha sottoscritto il  contratto  collettivo  di
lavoro in data 13 dicembre 2011,  non  condividendone  il  contenuto.
Detto contratto prevede tra l'altro che i diritti  sindacali  vengano
regolati secondo le previsioni della legge  n.  300/1970,  e  che  la
costituzione  delle  rappresentanze  sindacali  aziendali   a   norma
dell'art.  19  st.  lav.  sia  consentita  solo  alle  organizzazioni
sindacali dei lavoratori firmatarie del contratto predetto. 
    Ha quindi dichiarato: 
        di aver comunicato alla convenuta  che  si  sarebbero  tenute
riunioni sindacali alle  quali  avrebbe  preso  parte  il  lavoratore
Gennaro Marco,  per  il  quale  si  chiedevano  permessi  retribuiti,
comunicazioni alle quali la societa' convenuta aveva risposto negando
i  permessi  poiche'  la  FIOM  non  era  firmataria  del   contratto
collettivo del 13 dicembre 2011; 
        di aver comunicato alla societa'  resistente  la  nomina  dei
dirigenti della R.S.A. FIOM presso  l'unita'  produttiva  della  FIAT
Group Automobiles s.p.a. sita in Balocco, comunicazione alla quale la
societa'  resistente  aveva  risposto  negativamente   invocando   il
disposto dell'art. 19 st. lav.; 
        di  aver   comunicato   successivamente   alla   FIAT   Group
Automobiles che  presso  la  societa'  convenuta  si  sarebbe  svolta
l'assemblea dei lavoratori durante l'orario di lavoro  retribuito,  e
di aver richiesto permessi retribuiti per  consentire  ai  lavoratori
membri del Comitato Direttivo Provinciale di partecipare a  riunioni,
e di avere ricevuto altrettanti dinieghi. 
    Ha affermato la perdurante applicazione ai  propri  iscritti  del
CCNL sottoscritto il 20 gennaio 2008 e di altri contratti  collettivi
applicati in azienda, quali quelli istitutivi del Fondo  Cometa,  del
Fondo Integrativo Sanitario, di Fondimpresa e del Comitato  Aziendale
Europeo. 
    In punto di diritto la ricorrente ha invocato una interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 19 st. lav. che  valorizzi  la
rappresentativita' effettiva del sindacato,  discostandosi  dal  dato
letterale  riferito  alle  organizzazioni  sindacali  firmatarie   di
contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. 
    La convenuta ha chiesto dichiararsi inammissibili  i  ricorsi  o,
comunque, respingersi le domande argomentando in  base  alla  lettera
dell'art. 19 st. lav., che riconosce la  possibilita'  di  costituire
rappresentanze  sindacali  aziendali  unicamente  alle   associazioni
firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita'  produttiva,
ed  evidenziando  che  il  CCNL  del  2008  non  trova  piu'   alcuna
applicazione   nell'azienda,   in   seguito    alla    sottoscrizione
dell'accordo in data 13 dicembre 2011 che ha efficacia nei  confronti
di  tutti  i  lavoratori,  mentre  i  restanti  contratti  collettivi
menzionati dalla controparte non hanno natura  normativa  e  pertanto
non legittimano l'organizzazione sindacale firmataria  a  godere  dei
diritti di cui all'art. 19 st. lav. 
    2.  Al  fine  di  decidere  sulla  domanda  proposta  si  ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del 1970. 
    Non appare di  ostacolo  all'ammissibilita'  della  questione  la
natura del procedimento di cui all'art. 28 st. lav. 
    Come la Corte costituzionale ha affermato, poiche'  «l'azione  ex
art. 28 non e' diretta a una tutela  di  condanna  ma  a  una  tutela
inibitoria di un comportamento continuato con effetti permanenti,  la
prospettazione (...) di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
permissiva della condotta denunciata e' idonea a fondare  la  domanda
di pronuncia dell'ordine giudiziale di cessazione del comportamento e
di rimozione degli effetti, subordinatamente  alla  condizione  della
sopravvenienza  di  una  sentenza  costituzionale  che  ne  determini
l'illegittimita'.   Ne'   varrebbe   replicare    che    l'ipotizzata
dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   dell'art.   19
indurrebbe  presumibilmente  il  datore   di   lavoro   a   desistere
spontaneamente, perche' anche in questa  prospettiva  l'incidente  di
costituzionalita' conserverebbe  rilevanza  per  la  definizione  del
giudizio principale, il quale si chiuderebbe con un provvedimento  di
merito motivato dalla cessazione della materia del contendere» (Corte
cost., n. 244 del 1996). 
    3. In ordine alla rilevanza della questione, va premesso  che  in
data 21 novembre 2011 tutte le societa' del Gruppo Fiat e del  Gruppo
Fiat  Industrial,  tra  cui  la  convenuta,  hanno  comunicato   alle
organizzazioni sindacali il recesso, a far data dal 1° gennaio  2012,
da tutti i contratti applicati nei rispettivi Gruppi e da  tutti  gli
altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti
(cfr. ricorso pag. 2; memoria di costituzione  pag.  11;  doc.  9  di
parte convenuta). 
    In data 13 dicembre 2011 la  Fiat  s.p.a.  con  le  societa'  del
Gruppo Fiat e la Fiat Industrial s.p.a. con le  societa'  del  Gruppo
Fiat Industrial,  insieme  alle  organizzazioni  sindacali  FIM-CISL,
UILM-UIL, FISMIC, UGL Metalmeccanici e  Associazione  Quadri  e  Capi
Fiat hanno convenuto l'applicazione, a partire dal 1° gennaio 2012, a
tutti i lavoratori delle societa' dei Gruppi Fiat e  Fiat  Industrial
(cio' in applicazione del disposto dell'art. 8 d.l. n. 138/2011 conv.
in legge n. 148/2011), del contratto collettivo specifico  di  lavoro
di primo livello (CCSL), sottoscritto  il  29  dicembre  2010,  nella
stesura definitiva del 13 dicembre 2011. 
    Detto contratto prevede, all'art. 1, che rappresentanze sindacali
aziendali possono essere costituite,  ai  sensi  dell'art.  19  della
legge n. 300 del 1970, dalle organizzazioni sindacali dei  lavoratori
firmatarie di quel contratto collettivo. 
    Successivamente il sindacato ricorrente ha comunicato  la  nomina
dei propri dirigenti della r.s.a. e ha inoltrato alla  resistente  le
ulteriori comunicazioni di cui alla  narrativa  del  ricorso,  meglio
descritte  in  precedenza,  ricevendo  altrettanti   dinieghi   dalla
societa' resistente, in considerazione del fatto che, non essendo  la
FIOM firmataria del contratto collettivo applicato, non aveva diritto
a  nominare  rappresentanze  sindacali  aziendali  ne'  a  godere  di
permessi retribuiti ne' a convocare  assemblee  durante  l'orario  di
lavoro. 
    La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera
b) dello Statuto dei Lavoratori e'  rilevante  in  quanto,  se  fosse
dichiarata incostituzionale tale  norma,  il  mancato  riconoscimento
dell'efficacia delle delibere di nomina dei  dirigenti  della  r.s.a.
FIOM-CGIL  e,  piu'  in  generale,  il  rifiuto  di  riconoscere   ai
lavoratori iscritti alla FIOM il diritto di costituire le r.s.a. e di
godere dei  diritti  previsti  dal  Titolo  III,  integrerebbero  una
condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge n.  300  del
1970. 
    Non determina l'irrilevanza della questione la circostanza che la
FIOM sia firmataria dei contratti  collettivi  istitutivi  del  Fondo
Cometa,  del  Fondo  Integrativo  Sanitario,  di  Fondimpresa  e  del
Comitato  Aziendale  Europeo,  posto  che,  secondo  una  consolidata
giurisprudenza,  l'art.  19  st.  lav.   si   riferisce   alle   sole
organizzazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi normativi
e non anche di contratti gestionali applicati nell'unita'  produttiva
(cfr.  Corte  cost.  n.  244/1996,  Cass.  n.  19275/2008),  per  cui
dall'attuale vigenza di detti contratti, che hanno natura gestionale,
non puo' desumersi il diritto della FIOM di costituire  r.s.a.  e  di
godere delle restanti tutele di cui al Titolo III dello  Statuto  dei
Lavoratori. 
    Neppure determina l'irrilevanza della  questione  la  circostanza
che la FIOM sia firmataria del CCNL del 2008, considerato  che  detto
contratto a far data dal  1°  gennaio  2012  non  e'  piu'  applicato
nell'unita' produttiva neppure con riferimento ai lavoratori iscritti
al sindacato ricorrente, atteso  che  il  c.d.  CCSL,  nella  stesura
definitiva  del  13   dicembre   2011,   sottoscritto   dalle   altre
associazioni  sindacali,  ha  efficacia  nei  confronti  di  tutti  i
lavoratori interessati, essendo stato sottoscritto sulla base  di  un
criterio maggioritario, in forza del disposto  dell'art.  8  d.l.  n.
138/2011 conv. in legge n. 148/2011. 
    4. A conferma della  rilevanza  della  questione  ai  fini  della
soluzione  della  controversia  va  evidenziata  l'impossibilita'  di
addivenire   ad   un'interpretazione   costituzionalmente   orientata
dell'art. 19, lettera b) st. lav. Qualsiasi tentativo in tal senso si
pone in contrasto sia con la lettera che con la ratio della norma  in
esame. 
    L'art. 19  della  legge  n.  300  del  1970,  nella  formulazione
successiva  al  referendum  del  1995,  prevede  che  «Rappresentanze
sindacali aziendali  possono  essere  costituite  ad  iniziativa  dei
lavoratori  in  ogni  unita'  produttiva,   nell'ambito:   b)   delle
associazioni sindacali che siano firmatarie di  contratti  collettivi
di lavoro applicati nell'unita' produttiva». 
    La   formulazione   letterale    dell'articolo    deriva    dalla
consultazione referendaria indetta con d.P.R.  n.  312/1995,  che  ha
abrogato l'art. 19 lettera a), che prevedeva che le r.s.a.  potessero
essere costituite dalle  associazioni  aderenti  alle  confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ed ha modificato la
lettera  b),  abrogando  il  riferimento  al  carattere  nazionale  o
provinciale  della  contrattazione   sottoscritta   dall'associazione
sindacale. 
    La  lettera  della  disposizione,   risultante   dall'abrogazione
referendaria,   ha   eliminato    la    presunzione    di    maggiore
rappresentativita'   derivante   dall'adesione   alle    associazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale ed ha introdotto una
presunzione di maggiore rappresentativita' ricavata dall'effettivita'
dell'azione sindacale, il cui unico indice e'  la  sottoscrizione  di
contratti  collettivi  applicati  nell'unita'  produttiva.   Non   e'
possibile un'interpretazione estensiva  di  tale  requisito,  poiche'
come  ha  affermato   la   Corte   costituzionale,   «L'esigenza   di
oggettivita'   del   criterio   legale    di    selezione    comporta
un'interpretazione rigorosa della fattispecie dell'art. 19,  tale  da
far coincidere il criterio con la capacita' del sindacato di  imporsi
al datore di lavoro, direttamente o attraverso la  sua  associazione,
come   controparte   contrattuale»   (Corte   cost.   n.   244/1996).
Dell'impossibilita' di  addivenire  ad  una  diversa  interpretazione
della norma non sembra  potersi  dubitare  neppure  alla  luce  della
esistenza di una opinione giurisprudenziale di diverso avviso, che ha
condotto all'accoglimento da parte di alcuni  Tribunali  di  analoghi
ricorsi proposti dalla  FIOM,  poiche'  da  un  lato  detta  opinione
giurisprudenziale e' in contrasto  con  altre  numerose  pronunce  in
senso opposto, come si  evince  dalla  produzione  documentale  delle
parti,  dall'altro,   secondo   la   giurisprudenza   costituzionale,
«l'univoco tenore della norma segna il confine in presenza del  quale
il tentativo interpretativo deve cedere  il  passo  al  sindacato  di
legittimita' costituzionale»  (Corte  cost.  nn.  219/2008,  26/2010,
78/2012)  e  l'ammissibilita'   della   questione   di   legittimita'
costituzionale «non e' (...) pregiudicata dalla presenza di  pronunce
giudiziali che abbiano si' conseguito l'adeguamento della norma  alla
Costituzione, ma per il  tramite  di  interpretazioni  eccentriche  e
palesemente contrarie al dettato letterale della legge» (cosi'  Corte
cost. n. 219/2008). 
    Dalla  impossibilita'  di  addivenire  ad   una   interpretazione
costituzionalmente   orientata   della   norma   che   consenta    il
riconoscimento del diritto di costituire  r.s.a.  sulla  base  di  un
criterio  di  rappresentativita'   effettiva,   non   necessariamente
vincolato alla stipula di contratti collettivi applicati  nell'unita'
produttiva, deriva, in  punto  di  rilevanza  della  questione,  che,
qualora   il   disposto   dell'art.   19   non    fosse    dichiarato
costituzionalmente illegittimo, non  potrebbe  riconoscersi  in  capo
alla FIOM il diritto  di  costituire  r.s.a.,  e  di  conseguenza  la
condotta della societa'  resistente  non  integrerebbe  comportamento
antisindacale. 
    5. Successivamente al referendum che ha  modificato  il  disposto
dell'art. 19 st. lav. la  perdurante  rilevanza  del  criterio  della
maggiore  rappresentativita'  per  la  scelta  del  legislatore   dei
sindacati ai quali attribuire una  tutela  piu'  intensa  rispetto  a
quella costituzionalmente necessitata e' stata affermata dalla  Corte
costituzionale con la  sentenza  n.  492  del  1995,  per  essere  il
riferimento  alle  associazioni  sindacali  firmatarie  di  contratti
collettivi applicati nell'unita' produttiva di cui  alla  lettera  b)
null'altro che  una  presunzione  della  maggiore  rappresentativita'
ricavata  dalla  effettivita'  dell'azione  sindacale.  Tuttavia   in
seguito la Corte, con  sentenza  n.  244  del  1996,  ha  escluso  la
rilevanza di altri indici di rappresentativita' al di fuori di quello
normativamente previsto ed ha ritenuto conforme alla Costituzione  la
limitazione  al  solo  indice  derivante  dalla   sottoscrizione   di
contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva. 
    In  particolare,  il  Giudice  costituzionale  ha  affermato  che
«L'art.   19   "valorizza   l'effettivita'   dell'azione   sindacale,
desumibile  dalla  partecipazione  alla  formazione  della  normativa
contrattuale collettiva" (sentenza n. 492 del 1995) quale  indicatore
di rappresentativita' gia' apprezzato dalla sentenza n. 54  del  1974
come "non attribuibile arbitrariamente o artificialmente,  ma  sempre
direttamente  conseguibile  e  realizzabile  da   ogni   associazione
sindacale in base a propri atti concreti e oggettivamente accertabili
dal giudice", prendendo poi atto del rifiuto, da parte della volonta'
popolare,  del  principio  di  rappresentativita'  presunta   sotteso
all'abrogata lettera a), e giustificando la circostanza  che  l'unico
indice giuridicamente rilevante di rappresentativita'  effettiva  sia
identificato  dal  legislatore  nella  sottoscrizione  di   contratti
collettivi applicati in azienda in virtu'  della  corrispondenza,  in
linea storico-sociologica, e quindi di razionalita' pratica, di  tale
criterio allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e
di  riflesso  della  sua  rappresentativita',   tipicamente   proprio
dell'ordinamento sindacale. Nella  medesima  pronuncia  la  Corte  ha
quindi  rilevato  che  l'art.   19   nel   testo   risultante   dalla
consultazione referendaria "non viola  l'art.  39  Cost.  perche'  le
norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita'  produttive,  in
quanto  sopravanzano  la  garanzia  costituzionale   della   liberta'
sindacale,  ben  possono   essere   riservate   a   certi   sindacati
identificati mediante criteri  scelti  discrezionalmente  nei  limiti
della razionalita'; non viola  l'art.  3  Cost.  perche',  una  volta
riconosciuto il potere discrezionale del legislatore di selezionare i
beneficiari di quelle norme, le associazioni sindacali  rappresentate
nelle aziende vengono differenziate in base a  (ragionevoli)  criteri
prestabiliti dalla legge, di guisa che la possibilita' di  dimostrare
la propria rappresentativita' per altre vie  diventa  irrilevante  ai
fini del principio di eguaglianza".». 
    Proprio tali ultime affermazioni ad avviso del Tribunale  portano
a  dubitare,  alla  luce  del  mutato   quadro   storico-sociologico,
dell'attuale conformita' alla Costituzione del dettato normativo  che
individua  la  maggiore  rappresentativita'  attraverso   l'esclusivo
riferimento  alla   stipula   di   contratti   collettivi   applicati
nell'unita' produttiva. 
    Le  modifiche  intervenute  negli  ultimi  anni  nelle  relazioni
sindacali, a cui hanno fatto seguito  modifiche  normative,  inducono
infatti, sulla scia dell'orientamento gia' espresso dal Tribunale  di
Modena con ordinanza del 4 giugno 2012  (reg.  ord.  Corte  cost.  n.
202/2012), a riproporre la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 19 lettera b) della legge n. 300/1970 per 
    contrasto con gli articoli 2, 3 e 39  della  Costituzione,  nella
parte in cui consente la costituzione delle rappresentanze  sindacali
aziendali alle sole associazioni  che  hanno  sottoscritto  contratti
collettivi applicati  nell'unita'  produttiva,  a  prescindere  dalla
misura  di  rappresentativita'  delle   stesse   e   dall'accesso   e
partecipazione al negoziato. 
    Pur essendo la questione gia' stata  proposta  dal  Tribunale  di
Modena, l'inesistenza di una  previsione  che  consenta  la  semplice
sospensione dei processi in corso per i quali la  questione  promossa
in altro  procedimento  sia  rilevante  e  la  natura  cautelare  del
presente procedimento, alla quale mal si  addicono  provvedimenti  di
mero  rinvio,  suggeriscono,  previo   assolvimento   dell'onere   di
motivazione da parte del Tribunale,  la  diretta  proposizione  della
questione alla Corte costituzionale, affinche' la stessa  sia  decisa
unitamente a quella  gia'  sollevata  dal  Tribunale  di  Modena  con
ordinanza del 4 giugno 2012 (reg. ord. Corte cost. n. 202/2012). 
    6. Negli anni in cui fu promosso il referendum e per  molti  anni
successivamente    i    sindacati    maggiormente     rappresentativi
sottoscrivevano   di   norma   tutti   i   contratti   unitariamente.
L'automatismo tracciato dalla Corte costituzionale tra sottoscrizione
del  contratto  collettivo  di  lavoro   applicato   in   azienda   e
rappresentativita' aveva come presupposto l'unitarieta' di azione dei
sindacati maggiormente rappresentativi  e  l'unitaria  sottoscrizione
dei contratti collettivi di lavoro, sicche', ragionevolmente,  quella
sottoscrizione poteva essere  assunta  a  criterio  misuratore  della
forza del sindacato e della sua rappresentativita'. 
    Le eccezioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19  st.
lav., tra cui quella che condusse alla  sentenza  n.  244  del  1996,
furono infatti tutte sollevate in  procedimenti  promossi,  ai  sensi
dell'art. 28 st. lav., da associazioni sindacali minoritarie al  fine
di contestare la riserva delle prerogative di cui al  Titolo  III  ai
soli  sindacati  firmatari  di  contratti,  e  la  Corte   non   ebbe
difficolta' a  respingere  le  eccezioni,  sottolineando  la  duplice
esigenza di far convergere le  misure  di  sostegno  a  favore  delle
organizzazioni maggiormente in grado di tutelare  gli  interessi  dei
lavoratori e di evitare che una eccessiva estensione dei  beneficiari
potesse vanificare gli scopi delle norme di promozione. 
    Le attuali relazioni sindacali, come emerge dagli atti di  causa,
sono invece caratterizzate dalla rottura dell'unita' di azione  delle
organizzazioni maggiormente  rappresentative,  dalla  conclusione  di
contratti collettivi non sottoscritti da tutte  dette  organizzazioni
e, in particolare, da iniziative poste in essere dal Gruppo Fiat,  di
cui la societa' convenuta fa parte, che hanno portato alla  creazione
di un nuovo autonomo sistema contrattuale. 
    Fiat s.p.a. e Fiat Industrial s.p.a., uscite da Confindustria con
effetto dal 1° gennaio 2012,  hanno  sottoscritto,  per  conto  delle
societa'  del  Gruppo,  l'accordo  del  13  dicembre  2011   con   le
organizzazioni sindacali FIM,  UILM,  FISMIC,  UGL  Metalmeccanici  e
Associazione Quadri e Capi Fiat,  concordando  l'applicazione  a  far
data dal gennaio 2012 del Contratto collettivo specifico di lavoro di
primo  livello  (cd.  CCSL)  del  29  dicembre  2010,  nella  stesura
definitiva del 13 dicembre 2011, in  luogo  del  CCNL  degli  addetti
all'industria metalmeccanica, contratto che  si  estende  a  tutti  i
lavoratori in applicazione del disposto dell'art. 8 d.l. n.  138/2011
conv. in legge n. 148/2011. 
    La FIOM, benche' sia stata convocata  a  partecipare  a  tutti  i
tavoli negoziali (cfr. memoria di costituzione,  pag.  6)  e  benche'
abbia partecipato  alle  trattative  relative  al  contratto  per  lo
stabilimento di Pomigliano, poi esteso alle aziende del gruppo  (cfr.
ricorso, pag. 2),  non  ha  sottoscritto  il  CCSL,  che  e'  l'unico
contratto  normativo  attualmente  applicato  nell'unita'  produttiva
della convenuta. 
    Di conseguenza, secondo l'attuale formulazione dell'art.  19  st.
lav., i lavoratori iscritti alla FIOM non hanno diritto di costituire
rappresentanze sindacali aziendali poiche' la FIOM non e'  firmataria
del contratto collettivo applicato nell'azienda convenuta. 
    Non e' contestato che la FIOM sia uno dei sindacati  maggiormente
rappresentativi, specificamente nel settore metalmeccanico, e risulta
dagli atti che presso la societa' convenuta  essa  goda  di  maggiore
rappresentativita' rispetto agli altri sindacati (cfr.  documento  n.
18 allegato al ricorso relativo alle nomine delle RSU). 
    In considerazione del mutato quadro  dei  rapporti  sindacali  il
criterio selettivo  di  cui  all'  art.  19,  lettera  b)  st.  lav.,
incentrato sulla sottoscrizione del  contratto  collettivo  applicato
nell'unita' produttiva, non  appare  piu'  ragionevole,  non  potendo
costituire adeguato indice della effettiva rappresentativita'  di  un
sindacato.  E'  venuta  meno   l'attendibilita'   dell'indice   della
sottoscrizione del contratto collettivo  scelto  dal  legislatore  al
fine  di  identificare   la   rappresentativita'   e   l'effettivita'
dell'azione   sindacale,   ossia   la   corrispondenza,   in    linea
storico-sociologica,  e  quindi  di  razionalita'  pratica,  di  tale
criterio allo strumento di misurazione della forza del  sindacato,  e
di  riflesso  della  sua  rappresentativita',   tipicamente   proprio
dell'ordinamento sindacale,  che  giustificava,  secondo  il  Giudice
delle Leggi, la scelta del legislatore di assumere quale unico indice
giuridicamente rilevante di rappresentativita' effettiva quello della
sottoscrizione di contratti collettivi applicati in azienda, e dunque
la ragionevolezza di  detto  criterio  (cfr.  Corte  cost.  sent.  n.
244/1996). In definitiva, sono  venute  meno  le  ragioni  che  nella
richiamata  pronuncia  avevano  indotto  la  Corte  ad  escludere  il
contrasto  della  scelta  legislativa  con  l'art.   39   Cost.,   da
identificarsi nella scelta razionale dei sindacati ai quali riservare
norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita'  produttive  che
sopravanzino la garanzia costituzionale della liberta'  sindacale,  e
quelle che avevano indotto la stessa Corte ad escludere il  contrasto
della norma con l'art. 3 Cost., ossia la ragionevolezza del  criterio
di differenziazione tra le associazioni sindacali. 
    Le   ragioni   che   inducono   a   ritenere   la    sopravvenuta
irragionevolezza della scelta  del  legislatore,  oltre  che  la  sua
incompatibilita' con il disposto degli artt. 2 e 39 Cost., sono state
ben  evidenziate  nella  gia'  citata  ordinanza  di  rimessione  del
Tribunale di Modena del 4 giugno 2012, che questo Tribunale condivide
integralmente. 
    Secondo la richiamata ordinanza «Dottrina e giurisprudenza  hanno
piu'  volte  rimarcato  il  ruolo   preminente,   quale   indice   di
rappresentativita',   della   partecipazione   alla   procedura    di
contrattazione  rispetto  al   dato   formale   e   terminale   della
sottoscrizione del contratto collettivo. 
    La giurisprudenza sul testo originario dell'art. 19,  lettera  b)
aveva avuto modo di rilevare come  «il  riferimento  della  norma  in
esame al  contratto  collettivo  non  e'  relativo  ai  suoi  effetti
giuridici (la sottoscrizione in se'), ma e' sempre assunto ad  indice
della maggiore rappresentativita'. Quindi, cio' che e' rilevante  non
e' il dato formale di essere parte di un contratto collettivo, ma  il
dato sostanziale di  aver  mostrato  la  propria  rappresentativita',
prendendo parte effettiva al  processo  di  contrattazione»,  (Cass.,
6613/88; cfr. anche Cass., 18260/2010). 
    All'indomani  del  referendum,  la  dottrina  sottolineo'   come:
«l'abrogazione    del    requisito     riferito     alla     maggiore
rappresentativita'   della    Confederazione    sindacale    dovrebbe
sollecitare l'inteprete a  ricercare  un  contenuto  sostanziale  per
l'unico criterio selettivo  oggi  vigente,  senza  fermarsi  al  dato
letterale ... D'altronde, mentre la partecipazione al negoziato e' un
dato che evidenzia l'effettiva forza contrattuale e, di riflesso,  la
capacita'  rappresentativa  del  sindacato,  la  mera  sottoscrizione
dell'accordo si palesa come un elemento che puo' essere rimesso  alla
valutazione del datore di lavoro». 
    Occorre poi considerare che le due chiavi di accesso alla  tutela
privilegiata dell'articolo 19, rappresentate dalle lettere  a)  e  b)
nell'originaria formulazione, rispondevano alla medesima esigenza  di
selezionare un sindacato che, in quanto piu'  rappresentativo  di  un
altro, fosse meritevole di una speciale  tutela,  ulteriore  rispetto
alla mera garanzia della liberta' sindacale, assicurata dall'articolo
39 della Costituzione. 
    Tale esigenza non puo' dirsi venuta meno a seguito della parziale
abrogazione  referendaria,  ed  anzi  essa  deve  essere  considerata
tuttora immanente al criterio di  rappresentativita'  espresso  dalla
sola lettera b), come  emendata,  in  quanto  espressione  di  valori
costituzionalmente tutelati. La Corte costituzionale  nella  sentenza
n. 334 del 1988  ha  evidenziato  come  il  meccanismo  selettivo  di
sostegno qualificato dell'azione sindacale debba  essere  «funzionale
al carattere indivisibile degli interessi dei lavoratori» e «favorire
un processo di aggregazione e di coordinamento  degli  interessi  dei
vari  gruppi  professionali,  anche  al  fine  di   ricomporre,   ove
possibile,  le  spinte  particolaristiche  in  un  quadro  unitario».
Finalita', questa, «coerente al complessivo disegno cui e'  informata
la Carta costituzionale nel quale anche  l'art.  39  va  inserito:  e
cioe', sia al principio solidaristico ... enunciato nell'art.  2  ...
sia al principio  consacrato  nel  secondo  comma  dell'art.  3  che,
promuovendo l'eguaglianza sostanziale tra  i  lavoratori  e  la  loro
effettiva partecipazione  all'organizzazione  politica,  economica  e
sociale del Paese, addita  anche  alle  organizzazioni  sindacali  di
rendersi, per la loro parte, strumenti di tale partecipazione,  oltre
che di tutela dei diretti interessi economici dei lavoratori». 
    Il fondamento costituzionale della  meritevolezza  del  sindacato
piu'  rappresentativo  deve   quindi   rinvenirsi   negli   obiettivi
solidaristici ed egualitari che presuppongono una rappresentazione di
interessi,  non  confinati  in  categorie  o  gruppi  ristretti,   ma
appartenenti al numero piu' ampio possibile di lavoratori. 
    Occorre poi considerare che la materia in esame e'  informata  ad
inderogabili principi di ordine  pubblico  e  cio'  comporta  che  «i
requisiti  per  la  costituzione  di  una  rappresentanza   sindacale
aziendale stabiliti dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970 ...  non
possono essere ritenuti sussistenti in virtu' del mero riconoscimento
del datore di lavoro», (Cass., 6701/88). 
    Cio'   significa   che   il    riconoscimento    del    carattere
rappresentativo del sindacato e quindi la sua meritevolezza, ai  fini
delle prerogative di cui al titolo III dello Statuto, devono  trovare
fondamento  in  un  criterio  di  razionalita'  che,  in  base   alla
giurisprudenza  costituzionale,  non  puo'  essere  sganciato   dalla
prospettiva, ugualitaria e solidaristica, di incentivare  l'attivita'
di sindacati che riescano a coagulare e a rappresentare gli interessi
del maggior numero di lavoratori. 
    D'altra parte,  come  la  dottrina  ha  rilevato,  posto  che  la
rappresentativita', anche a livello endoaziendale, e' necessariamente
espressa  dal  consenso  degli   interessati,   in   tanto   potrebbe
prescindersi da questo canone (il consenso) per  sostituirlo  con  un
altro (la sottoscrizione del contratto  collettivo),  in  quanto  sia
rinvenibile un valore che giustifichi questa deviazione. 
    Nell'attuale condizione  di  rottura  dell'unita'  sindacale,  il
criterio selettivo  di  cui  all'articolo  19,  imperniato  sul  dato
formale della sottoscrizione del contratto applicato e  sganciato  da
qualsiasi raccordo con la  misura  del  consenso  dei  rappresentati,
mostra tutti i suoi limiti in termini di irragionevolezza e miopia. 
    Ad  essere  messa  in  discussione  e',  quindi,  quella   «linea
storico-sociologica» che,  pure  nella  sentenza  n.  244  del  1996,
giustificava la «razionalita' pratica» dell'art. 19 lettera b)  dello
Statuto. 
    Cio', specialmente, in un sistema privo di  regole  democratiche,
normativamente poste, in grado di selezionare i soggetti  legittimati
a sottoscrivere. 
    L'applicazione pratica dell'art. 19, lettera b), nel nuovo regime
di rottura  dell'unita'  sindacale,  ha  portato  a  considerare  non
rappresentativo un sindacato, la FIOM, in  conseguenza  della  omessa
sottoscrizione del contratto applicato nelle aziende del gruppo  Fiat
e nonostante sia pacifico che si tratti di sindacato, anche presso le
societa'  convenute,  piu'  rappresentativo  degli  altri  e  quindi,
ragionevolmente, piu' meritevole delle tutele di cui al titolo III. 
    Per effetto dell'art. 19, lettera b), si e' considerato privo  di
forza rappresentativa un sindacato, la FIOM, che e'  stato  convocato
ed ha preso parte alle trattative e alla procedura di  contrattazione
e che, nell'esercizio della propria liberta' sindacale, ha scelto  di
non sottoscrivere il contratto collettivo, manifestando in  tal  modo
il proprio dissenso. 
    Dalla mancata sottoscrizione  del  contratto  collettivo,  si  e'
fatta derivare la negazione di  una  rappresentativita'  che  esiste,
invece, nei fatti e nel consenso dei  lavoratori  addetti  all'unita'
produttiva. 
    Un  criterio  selettivo  rivela  tutta  la  sua   inidoneita'   e
irrazionalita' nel momento in cui, applicato a fattispecie  concrete,
porta ad un risultato che contraddice il presupposto a  dimostrazione
del quale il criterio stesso era stato elaborato. 
    Nel caso di specie ed in conseguenza del criterio selettivo della
sottoscrizione del contratto, dovrebbe  riconoscersi  maggiore  forza
rappresentativa alle associazioni firmatarie del contratto  applicato
(Fim-Cisl, Uilm-Uil,  Fismic,  Ugl  Metalmeccanici  e  l'Associazione
Quadri e  Capi  Fiat),  anziche'  alla  FIOM,  laddove  in  fatto  e'
incontestato il dato contrario. 
    La contraddittorieta' tra  la  rappresentativita'  desunta  dalla
sottoscrizione del contratto e quella realmente posseduta dalle varie
associazioni sindacali rivela come la  sottoscrizione  del  contratto
non possa tuttora assumere valore sintomatico della  effettiva  forza
sindacale delle singoli associazioni ma, se mai, di un  loro  diverso
atteggiamento   collaborativo   nei   confronti   della   controparte
datoriale. 
    Le conseguenze abnormi della pedissequa applicazione del criterio
selettivo di cui all'articolo 19, lettera b), sganciate dalla realta'
di  una  effettiva  rappresentativita',  ne   rivelano   l'intrinseca
irragionevolezza, che emerge  persino  da  un'attenta  lettura  della
sentenza n. 244/1996.  E'  proprio  tale  pronuncia  a  non  ritenere
sufficiente la mera adesione formale ad  un  contratto  negoziato  da
altri sindacati, richiedendo, appunto, «una partecipazione attiva  al
processo di formazione del contratto» che,  evidentemente,  non  puo'
essere soddisfatta da un criterio, quale quello della  sottoscrizione
del contratto, che nega i diritti promozionali a chi  ha  partecipato
attivamente alla  trattativa  ed  ha  rifiuto  di  firmare  l'accordo
manifestando in tal modo il proprio dissenso. 
    5.4. Non e' solo il mutato contesto delle relazioni  sindacali  a
rendere anacronistico il disposto di  cui  all'art.  19,  lettera  b)
dello Statuto dei lavoratori. E'  la  stessa  evoluzione  del  quadro
nomativo e dell'assetto del sistema sindacale a rendere incoerente la
norma impugnata con l'ordinamento statuale. 
    L'irrazionalita',  intesa  come  distonia  nel  sistema,  emerge,
anzitutto, dall'essere il criterio  selettivo  di  cui  all'art.  19,
lettera b) divergente, non  solo  da  quello,  mai  attuato,  di  cui
all'art. 39 comma  4  della  Costituzione,  ma  anche  dal  parametro
riferito  ai   sindacati   maggiormente   o   comparativamente   piu'
rappresentativi utilizzato da una ampia legislazione che  ha  elevato
la  contrattazione  collettiva  a  fonte  integrativa,  suppletiva  o
derogatoria della propria disciplina (cfr.  legge  n.  56  del  1987;
legge n. 223 del 1991; legge n. 196 del 1997; d.lgs. n. 61 del  2000;
d.lgs. n. 368 del 2001; d.lgs. n. 66 del  2003;  d.lgs.  n.  276  del
2003), da ultimo, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011. 
    L'art. 19, nella sua attuale configurazione, si pone in antinomia
anche rispetto al criterio di rappresentativita' minima, modulato  su
una combinazione di dati associativi e dati elettorali, presente  sia
nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43),  sia  nell'Accordo
interconfederale del 28 giugno 2011. 
    Inoltre, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011, nel momento in cui
ridefinisce le regole della contrattazione di prossimita', privilegia
il  criterio  maggioritario,  dunque  implicitamente   scartando   la
possibilita' che un sindacato certamente maggioritario come  la  Fiom
possa  essere  escluso  a  favore  di  sindacati  minoritari  (seppur
firmatari). 
    Non solo, proprio l'art.  8  citato  rivela  l'incoerenza  di  un
sistema che da un lato consente ad un sindacato comparativamente piu'
rappresentativo  sul  piano  nazionale  o  territoriale  (e  tale  e'
certamente la FIOM) di stipulare contratti territoriali  o  aziendali
anche in  deroga,  in  specifiche  materie,  alla  contrattazione  di
categoria e alla  normativa  di  legge  e,  dall'altro,  preclude  al
medesimo sindacato di costituire una RSA ove non  abbia  sottoscritto
un contratto collettivo applicato in azienda. 
    E' vero che i criteri individuati  dalle  disposizioni  citate  e
dall'accordo interconfederale del 28  giugno  2011  sono  finalizzati
alla selezione dei soggetti abilitati alla  contrattazione,  ma  essi
rivelano  la  centralita',  nell'ordinamento  statuale  e  in  quello
intersindacale, del principio di effettiva rappresentativita'. 
    Insomma,  alla  tendenza  espressa  dal   sistema   generale   di
selezionare i soggetti abilitati alla  contrattazione  collettiva  in
base ad una verifica concreta di rappresentativita', l'art. 19 oppone
l'effetto paradossale di subordinare il  godimento  dei  diritti  del
titolo III ad un principio di effettivita' della  rappresentanza  che
prescinde da ogni parametro di rilevazione del consenso e poggia  sul
mero dato formale della sottoscrizione del contratto applicato. 
    Il criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b),  in  quanto
considera  quale  unico  presupposto  per   la   costituzione   delle
rappresentanze sindacali aziendali la  sottoscrizione  del  contratto
collettivo  applicato  nell'unita'  produttiva,  appare   irrazionale
perche' indice inidoneo della effettiva 
    rappresentativita' delle associazioni sindacali, cosi' da tradire
la ratio stessa della disposizione dello Statuto, volta ad attribuire
una finalita' promozionale e incentivante all'attivita' del sindacato
quale portatore di interessi del maggior numero  di  lavoratori,  che
trova   una   diretta   copertura   costituzionale   nel    principio
solidaristico  espresso  dall'art.  2  Cost.  nonche'  nello   stesso
principio  di  uguaglianza  sostanziale,  di  cui  al  secondo  comma
dell'art. 3 della Costituzione». 
    7.  Infine,  a  conferma  di  quanto  si  e'  detto  sinora,   va
evidenziato  che  il  disposto   dell'art.   19,   lettera   b),   di
riconoscimento o negazione dei diritti  del  Titolo  III  in  ragione
della sottoscrizione  o  meno  del  contratto  applicato  in  azienda
condiziona e limita l'esercizio della liberta' sindacale, poiche'  e'
evidente che la decisione dell'associazione sindacale in ordine  alla
sottoscrizione o meno di un contratto collettivo  sara'  condizionata
non solo dalla finalita' di tutela degli interessi dei lavoratori, ma
anche dalla prospettiva di ottenere o perdere i  diritti  del  Titolo
III dello Statuto.  Il  criterio  selettivo  scelto  dal  legislatore
attribuisce un potere estremamente  incisivo  alla  parte  datoriale,
poiche', come e' stato evidenziato anche dal Tribunale di Modena,  in
ipotesi estrema, ove la parte  datoriale  decidesse  di  non  firmare
alcun contratto collettivo, non  vi  sarebbe  nell'unita'  produttiva
alcuna rappresentanza sindacale. 
    8. Pertanto il Tribunale ritiene rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  19,
lettera b) della legge  n.  300  del  1970,  per  contrasto  con  gli
articoli  2,  3  e  39  della  Costituzione,  nella  parte  in   cui,
consentendo la costituzione delle rappresentanze sindacali  aziendali
alle sole associazioni firmatarie di contratti collettivi  di  lavoro
applicati nell'unita' produttiva, adotta un  criterio  che  prescinde
dalla misurazione dell'effettiva rappresentativita' e dall'accesso  e
partecipazione al negoziato.